David Petraeus – ex-capo della CIA, nuovo magnate dei media nell’Europa dell’est. L’inchiesta completa.
L’indagine è stata condotta nei Balcani nell’ultimo trimestre del 2017. Questa indagine, esclusiva dell’Osservatorio Giornalistico, è stata finanziata dai nostri lettori.
La folgorante carriera di David Petraeus come comandante in capo delle forze internazionali in Iraq e Afghanistan, direttore della CIA, capo del gigante finanziario KKR e magnate dei media, incarna una nuova forma di potere che unisce aspetti militari, di intelligence, finanziari e mediatici.
Una carriera che sembrò terminare bruscamente quando uno scandalo sessuale costrinse Petraeus a dimettersi dalla CIA nel 2012. Adulterio aggravato dal fatto che il generale a quattro stelle aveva mentito durante l’inchiesta, e soprattutto, dall’aver confidato all’amante dei segreti di Stato. Sarà condannato a due anni di carcere con la condizionale e a una multa di 100.000 dollari — una sciocchezza rispetto a casi simili, tra cui quello di Edward Snowden, che sostiene di aver rivelato informazioni molto meno riservate.
Petraeus si riprenderà. Sei mesi dopo lo scandalo, sarà assunto dal mastodontico fondo d’investimento Kohlberg, Kravis, Roberts & Co. L. P. (KKR) a dirigere il nuovo Global Institute.
I barbari di Wall Street
Negli anni ’70 e ’80, il fondo KKR è stato il pioniere delle LBO, acronimo per “operazioni di acquisizione per effetto leva”, ossia delle scalate finanziate da un debito massiccio. L’inventore del concetto, Jerome Kohlberg, presto preoccupato da “un’avidità travolgente che permea la vita aziendale”, lascerà il fondo che aveva creato, lasciando solo la sua K alla testa dell’acronimo. Dopo la sua partenza, è la seconda K, Henry Kravis, a sfruttare al massimo il principio di LBO, rendendo il KKR meritevole del soprannome poco lusinghiero di “Wall Street Barbarians” (il bestseller e il film “Barbarians at the Gate” sono inspirati alla loro storica LBO su RJR Nabisco). Essi rimarranno i campioni di questo metodo, che spesso porta allo smembramento, se non al fallimento, delle aziende acquisite, come è accaduto ad uno dei loro storici LBO: Energy Future Holdings. Lo stesso metodo è praticato oggi in Francia da Patrick Drahi, che ha costruito il suo impero mediatico su un debito colossale.
Alla fine del 2016, Petraeus è stato il candidato in pectore di Donald Trump per la carica di capo della diplomazia americana, ma rimarrà con KKR, adesso solo come partner. Kravis e Petraeus sono anche membri del Council on Foreign Relations e partecipano regolarmente alle riunioni di Bilderberg. Kravis era al 38° posto nella Lista degli ebrei più ricchi del mondo pubblicata dal Jerusalem Post.
L’invasione inizia
Al suo ingresso nel mondo degli affari, l’ex funzionario statale ha dato prova di sé ampliando il già vasto portafoglio della KKR. Nel 2013, il fondo effettua il suo primo investimento diretto nell’Europa centrale e orientale acquisendo United Group (FFS/Telemach) per un importo mai reso noto, ma stimato in oltre un miliardo di euro. United Group riunisce i principali operatori via cavo, via satellite e di Internet nell’ex Iugoslavia con quasi due milioni di abbonati:
- SBB (Serbia Broadband) — il più grande operatore via cavo e fornitore di servizi Internet in Serbia con 700.000 abbonati;
- Telemach — il principale operatore via cavo e fornitore di servizi Internet in Slovenia e Bosnia-Erzegovina ;
- Total TV — la principale rete televisiva satellitare serba, presente nei sei paesi dell’ex Jugoslavia;
- NetTV Plus — il fornitore leader di servizi di telecomunicazione basati su Internet;
- United Media – che comprende i canali televisivi Sport klub, Cinemania, Ultra, Mini ultra, Lov i ribolov ;
- CAS Media — la più grande agenzia di acquisto di pubblicità per la televisione via cavo e via satellite.
L’anno successivo, nel 2014, il fondo KKR ha rafforzato la sua posizione. Attraverso il gruppo United, acquisisce il gigante dell’intrattenimento “turbo-folk” Grand Production e ottiene una partecipazione di controllo nell’operatore via cavo montenegrino BBM. Diventa comproprietario del principale sito d’informazione serbo Blic.rs acquisendo il 49% di Ringier Digital SA, la filiale digitale del gruppo editoriale svizzero.
Infine, KKR lancia il proprio canale televisivo regionale, N1 TV, partner esclusivo della CNN, con studi a Belgrado, Zagabria e Sarajevo. Attraverso questa controversa operazione, United Group mette in campo distribuzione e produzione di contenuti.
Nel 2015 il gruppo crea un altro precedente con la prima acquisizione di una rete mobile — la slovena Tušmobil — da parte di un operatore via cavo. Nel 2017, ha acquisito le attività del Central European Media Enterprises (CME) in Croazia e Slovenia, tra cui TV Nova, il canale croato più visto, il cui giornale serale ha il miglior tasso di share del paese, e POP TV, il cui Tg 24 ore su 24 è il principale programma di notizie sloveno. Nel frattempo, United Group continua a espandere le proprie attività nel settore della telefonia fissa e mobile e ad assorbire i concorrenti, tra cui BHB Cable TV (Bosnia-Erzegovina), M‑kabl (Montenegro), et Ikom (Serbia).
Chi nasconde chi?
I “barbari finanziari” comandati da Petraeus hanno costruito un vero e proprio impero mediatico, ma lo hanno fatto in modo molto discreto, con il beneplacito del potere politico-giudiziario. Tuttavia, alcune indagini, rare, timide e tardive, hanno finito per rivelare alcuni dettagli.
Nel 2015, una relazione del Consiglio per la lotta alla corruzione in Serbia sulla “Struttura dei proprietari e dei controllori dell’informazione” ha individuato nella mancanza di trasparenza il problema prioritario. L’anno successivo il quotidiano sloveno Delo, in collaborazione con l’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project), ha indagato sui reali proprietari di United Group. Il loro articolo “Il lato oscuro di Telemach” ha finalmente permesso alla popolazione locale di dare un’occhiata dietro le quinte della loro più grande fonte di informazioni. Lì hanno trovato un labirinto di società fantasma e offshore nate come funghi nei paradisi fiscali per nascondere i proprietari originari e i loro giri di denaro.
Una mezza verità: la foglia di fico é serba
L’obiettivo principale dell’inchiesta era il serbo Dragan Solak. Fondatore nel 2000 di KDS, un operatore locale di reti via cavo basato a Kragujevac (Serbia), rimasto alle redini delle gestione mentre la sua piccola azienda si ingrandiva a dismisura, diventando SBB nel 2002, SBB/Telemach nel 2012 e United Group nel 2013. Non c’era nulla di segreto al riguardo. La vera scoperta dell’indagine è che avrebbe anche tenuto per lui il 20% delle azioni, dietro la società Gerrard Enterprises fondata nel 2001 sull’Isola di Man.
Questo “re della tv via cavo”, che non rilascia mai interviste, nuovo magnate aziendale in un panorama economico devastato, è l’archetipo dello sgargiante “nuovo ricco” tra i suoi compatrioti poveri, con i suoi jet privati, la sua villa sul lago di Ginevra e il suo campo da golf un tempo di proprietà del re di Jugoslavia (anche lo stile di vita di Petraeus farà scandalo alimentando anche alcuni articoli su HuffPost e Washington Post). Il Serbo in una regione, quella dell’ex-Jugoslavia, dove le rivalità nazionali sono ancora attuali, l’illusionista che apre tre società offshore al giorno e fa così sparire poi riapparire milioni di euro come per magia, tutto questo sfuggendo al fisco — tanti motivi per i giornalisti di Delo e gli altri che hanno seguito le loro orme (Nacional, Jutarnji list, Ekspres …) di puntare i riflettori su Solak. Il rischio era inferiore a quello di seguire le tracce del pesce più grosso dietro di lui.
Il ruolo degli ambasciatori americani
L’indagine di Delo sui vari tentacoli della struttura proprietaria di United Group ha chiarito una cosa: i proprietari si nascondevano dietro una serie di schermi. Era meno chiaro se Solak fosse uno dei proprietari o solo uno schermo.
Solak non ha operato da solo. I suoi finanziatori esteri, tra cui il fondo KKR, erano partner di maggioranza in tutte le operazioni. Erano loro a lasciarlo a capo dell’United Group e a vegliare sulla sua ascesa sin dall’inizio, come testimonia un telegramma dell’ambasciata degli Stati Uniti a Belgrado rivelato da Wikileaks. É un peccato che questa fonte, anche se facilmente disponibile su Internet, non sia stata finora presa in considerazione.
Il telegramma del 2007 è dedicato in modo specifico alla situazione della SBB a partire dal suo titolo: “Serbia Broadband opera in un ambiente ostile”. Solak è citato come il principale interlocutore dell’ambasciata, a tal punto che ci si può interrogare sulla natura del suo rapporto con la diplomazia americana. Il firmatario, l’ambasciatore Michael Polt, comunica le preoccupazioni di Solak a Washington, allegando il suo rapporto sugli sforzi degli Stati Uniti — diplomatici e finanziari — per affrontarle. Il loro pretesto: combattere il dominio del mercato da parte dell’operatore pubblico Telekom che “usa tattiche aggressive e influenza politica” per assicurarsi la sua posizione monopolistica. Oggi sappiamo che l’ambasciatore ha fatto esattamente quello di cui ha accusato Telekom, ma a vantaggio della SBB. Il telegramma è datato 1 giugno 2007. Il 27 giugno veniva annunciata la conclusione della prima storica scalata LBO in Serbia: l’acquisizione della SBB da parte di Mid Europa Partners.
Il successore di Polt, Cameron Munter, ha continuato la sua carriera post-diplomatica con Mid Europa come consigliere di SBB-Telemach durante le trattative con Petraeus nel 2013. Il predecessore di Polt, il famoso William Montgomery, il primo ambasciatore USA ad essere nominato dopo l’intervento della NATO nel 1999 e la “rivoluzione colorata” del 5 ottobre 2000, influente come un proconsole imperiale, fu il partner commerciale di Brent Sadler. Quest’ultimo, corrispondente della CNN a Belgrado al momento dei bombardamenti, è ad oggi presidente di N1 TV, il canale di punta di United Group, la filiale esclusiva della CNN nell’Europa dell’Est.
Nemici diventati amici
La società di consulenza Montgomery Sadler Matić & associates (MSM & associates) ha riunito un improbabile trio: l’ex ambasciatore americano e l’ex reporter sono diventati soci di Goran Matic, Ministro federale jugoslavo dell’Informazione nel 1998 e nel 1999. Nello stesso periodo, il suo omologo serbo era l’attuale presidente della Serbia Aleksandar Vucic.
Poco prima dei bombardamenti, Matic criticava i media al servizio dei padroni stranieri: “la situazione è molto chiara — il proprietario paga, il proprietario decide quali informazioni debbano essere trasmesse”. Quando la NATO attaccò, disse alla CNN: “ Siamo pronti a combattere l’aggressore”. Quando, il 23 aprile 1999, i bombardamenti rasero al suolo il palazzo della Radio e Televisione serba, uccidendo 16 persone, la BBC diffuse la sua dichiarazione: “Si tratta di un crimine mostruoso senza precedenti nella storia”. Nel rapporto meno prolisso del suo futuro compagno Sadler sulla CNN, questa citazione sarà ridotta a due parole: “atto criminale”. Tony Blair replicherà che il bombardamento della televisione era “pienamente giustificato”. Il 3 maggio, la NATO festeggerà la Giornata mondiale della libertà di stampa ancora una volta radendo al suolo una stazione televisiva : Novi Sad Radio e Tv.
Da allora, i due ex ministri dell’informazione hanno “cambiato idea” sui loro ex nemici, il voltafaccia di Vucic è stato particolarmente spettacolare. Il suo partito ha assunto Montgomery come consigliere e, una volta al potere, il suo governo fece lo stesso con Tony Blair, mentre nel 1999 queste stesse personalità lo consideravano alla stregua di un terrorista. Sempre nel 2005, Vucic scrisse una recensione favorevole a una monografia elegantemente intitolata “Il frocetto inglese Tony Blair” (sic). L’ex nazionalista coltiva anche una calorosa amicizia con altri protagonisti dell’aggressione contro il suo paese, Gerhard Schroeder e Bill Clinton.
I Generali/investitori
Petraeus ha una medaglia NATO per l’ex Jugoslavia. Nel 1999 ha assistito il generale Hugh Shelton, capo di stato maggiore delle forze armate degli Stati Uniti, come aiutante di campo nella pianificazione e nel coordinamento degli attacchi. Prima di tornare come investitore, Petraeus era già presente nella regione nel 2001–2002 come Vice Capo di Stato Maggiore della Forza di Stabilizzazione della NATO (SFOR) in Bosnia-Erzegovina e come Vice Comandante di un’unità antiterrorismo clandestina che aveva compito di catturare i serbi ricercati dal tribunale dall’Aia, prima che l’11 settembre sconvolgesse la situazione trasformando gli ex alleati jihadisti in nemici supremi. “È qui che è stata tracciata la sua evoluzione futura”, afferma Fred Kaplan nella sua biografia The Insurgents: David Petraeus and the Plot to Change the American Way of War (2013, p. 65).
Anche il suo collega a quattro stelle, Wesley Clark, comandante in capo della NATO durante i bombardamenti sulla Jugoslavia, è entrato nel mondo dei grandi affari (come anche Odierno, McChrystal e Mullen. Ricordiamo come già nel 1961 Eisenhower aveva messo in guardia contro il complesso militare-industriale). Wesley Clark ha presieduto il gruppo canadese Envidity Energy Inc. che ha negoziato, scatenando una polemica, l’esplorazione di importanti giacimenti di carbone in Kosovo “liberati” dalle sue truppe. Sul fronte mediatico, Petraeus è stato il principale negoziatore del fondo KKR nell’acquisizione di United Group nel 2013, ed ha incontrato più volte, pubblicamente e privatamente, il primo ministro serbo Aleksandar Vucic.
I milioni di Soros o come scalare la cima
Il telegramma pubblicato da Wikileaks contiene anche un riferimento ad un evento chiave nell’ascesa di United Group. Nel 2002, la piccola start-up di Solak ha avuto un’opportunità straordinaria. È riuscita ad attrarre un investimento di 10 milioni di dollari dal Southeastern Europe Equity Fund (SEEF). Il gestore del fondo non è altro che il Soros Investment Capital Management, (successivamente ridenominata Bedminster Capital Management) fondato da George Soros.
Questo miliardario attivista ha diversi punti in comune con Kravis (del fondo KKR), alcuni forse accidentali, come una vacanza sulla costa atlantica dove i due sono insieme, o meno accidentali come la comune passione per le scalate finanziarie agli operatori via-cavo balcanici.
È grazie all’investimento di Soros che la SBB ha iniziato la sua crescita esponenziale e il suo vertiginoso tuffo nei meandri oscuri della finanza internazionale. Dopo Soros, è la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) a seguire e rilanciare l’attività, con un investimento di 15 milioni di euro nel 2004. La banca “europea”, il cui principale azionista è costituito dagli Stati Uniti, rimarrà comproprietaria e investitrice di United Group anche alla fine del 2017.
Il fondo Soros sarà presente come SEEF I e SEEF II, che appariranno contemporaneamente in qualità di acquirente e di venditore al momento dell’acquisizione di SBB da parte di Mid Europa nel 2007. Nel 2014, questa società d’investimento privata, guidata da ex alti funzionari della Banca mondiale e del FMI, si è vantata di aver triplicato i propri investimenti grazie all’importo esorbitante pagato dal fondo KKR.
George Soros (nato Schwartz) vide cambiare il nome alla sua famiglia da un padre appassionato di esperanto. La parola “soros” in questa lingua significherebbe “scalerò”. Un buon auspicio per il piccolo György e per la start-up di Solak che ha sostenuto con tanta lungimiranza.
Ma chi ha aiutato Soros agli inizi della sua carriera? L’investimento iniziale per la sua start-up, Double Eagle Fund, successivamente rinominata Quantum Fund, è stato fornito da Georges Karlweiss della Banque Privée S.A. di Lugano, di proprietà del Barone Edmond de Rothschild (si veda l’articolo – poi rimosso — del Washington Times). Secondo Time Magazine, “presto i Rothschild e altri magnati europei aggiunsero 6 milioni di dollari. Abbastanza per iniziare una grande ascesa come il futuro dimostrerà.
Investimenti generosi su dei media deficitari
I finanzieri obbediscono ad una legge sacrosanta: fare profitti. Tuttavia, il rendimento degli investimenti del fondo KKR nei media balcanici non esiste. Il settore sta attraversando difficoltà tali che anche le acquisizioni di punta come SBB in Serbia e Nova TV in Croazia sono notoriamente causa di perdite.
Nel caso di SBB, l’investimento astronomico di KKR nel 2013 non ha migliorato la situazione. Al contrario, le relazioni annuali disponibili mostrano un costante aumento delle perdite. In milioni di euro: 33 milioni nel 2010, in pareggio nel 2011 poi 10,5 milioni di perdite nel 2012 e 1,4 milioni nel 2013. Infine 29 milioni nel 2014, 33 milioni nel 2015 e 35 milioni nel 2016. Vediamo che il 2016 batte il record con 35 milioni di euro di perdite.
La spiegazione? Con l’acquisto di mezzi di comunicazione, Petraeus in realtà stava acquistando influenza. Sorge quindi la domanda: che tipo di investitore sarebbe felice di sentire il suo fondo spiegargli: “Non abbiamo più il miliardo che avete impegnato, né il profitto che vi abbiamo promesso, ma abbiamo acquisito influenza sui media nell’Europa orientale”. È difficile immaginare che i soci di un fondo pensionistico dell’Oregon ne sarebbero soddisfatti. Al contrario, più di un conoscente di Petraeus al gruppo Bilderberg potrebbe esserne soddisfatto.
Un’altra spiegazione: le spese sarebbero gonfiate per registrare perdite che in realtà non esistono. Grazie al suo bilancio negativo, il SBB non paga imposte da anni, nonostante un utile di 170 milioni di euro nel solo 2016. I danni al bilancio nazionale serbo potrebbero raggiungere cifre à 8 zeri.
Lo Stato non interferisce nei suoi affari.
I grandi perdenti di questo modello contorto sono innanzi tutto i cittadini, loro pagano le tasse e sono loro i principali creatori della ricchezza che l’United Group prosciuga verso i paradisi fiscali. In secondo luogo, è perdente la concorrenza, che non ha alcuna possibilità di competere con il mastodonte coccolato dai mercati, con la sua capacità finanziaria, la sua fiscalità zero, la sua cartellizzazione transfrontaliera e la sua programmazione CNN. Infine, sono gli Stati che rinunciano a riscuotere le tasse. Per non parlare del loro obbligo di tutelare la libera concorrenza.
Gli Stati sarebbero nella posizione migliore per ispezionare le attività del fondo KKR. Solo loro sarebbero in grado di punire le pratiche illegali e di colmare le lacune della legislazione.
Gli Stati invece hanno scelto di chiudere gli occhi. Fino ad oggi, le uniche rivelazioni sull’impero dei media del KKR sono state fatte da organizzazioni non governative e da singoli individui. Per quanto riguarda le modifiche legislative, esse non hanno fatto altro che aggravare le lacune, come afferma esplicitamente la relazione dell’Osservatorio dei media dell’Europa sudorientale, “Le grandi potenze hanno adattato la legislazione serba sui media alle esigenze della CNN balcanica”.
L’Unione europea come lobby
Nel 2014 lo stato serbo e il KKR sembrano destinati allo scontro. KKR prevede di lanciare il suo nuovo canale televisivo N1 grazie alla rete SBB/Telemach, all’interno della società leader United Group. Allo stesso tempo, il governo sta pubblicando i suoi progetti di legge sui media. Uno esclude l’altro, perché le leggi vietano a un distributore di essere anche un creatore di contenuti. Il divieto sembra logico: il distributore favorirebbe i suoi canali a scapito della concorrenza. Qualche anno prima, lo stesso principio era stato imposto dall’Unione europea alla televisione pubblica RTS, che dovette rinunciare alla sua rete di distribuzione.
Tuttavia, questa volta l’opinione di Bruxelles sarà opposta, guidata dalle pressioni lobbistiche della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (comproprietaria del gruppo United) e della società Gide Loyrette Nouel assunta per l’occasione. Dopo un altro incontro con Petraeus, il primo ministro serbo prende una decisione: il canale N1 è il benvenuto in Serbia. Lo Stato si inginocchia davanti al gran capitale.
È la nuova legge, dettata dai banchieri e dagli avvocati attraverso l’amministrazione di Bruxelles, e non l’originale risultante dal lavoro parlamentare, che sarà votata nell’agosto 2014. Un trionfo per l’oligarchia finanziaria transnazionale, che torce il braccio di un’assemblea che non pensa più nemmeno di difendersi.
Epilogo: N1 TV sarà lanciato nell’ottobre 2014. Nel marzo 2017, il gestore via cavo di SBB elimina dalla prima posizione nella numerazione dei canali la televisione più seguita, il canale pubblico RTS1. Dà il suo posto, indiscusso fin dagli albori della televisione, a N1 TV.
Il proprietario influenza i suoi media?
Quando la NATO bombardò l’RTS nel 1999, la sua argomentazione si basava sull’idea che un’emittente televisiva trasmettesse necessariamente la propaganda del suo proprietario. Poiché questo proprietario era lo stato nemico, e la propaganda era parte della guerra, la NATO ha concluso che la televisione era un’arma di guerra e quindi un obiettivo legittimo.
Anche N1 ha dei proprietari. Fra di essi anche un generale che era coinvolto nella stessa guerra. Per quanto riguarda la propaganda, i suoi comunicati stampa sul cambiamento della numerazione forniscono esempi scolastici di manipolazione. Il titolo “Crescente pressione politica per abbassare N1 sulla rete BSS” (N1, 2017) suggerisce che il canale del fondo KKR sia osteggiato, quando in realtà è coccolato. N1 è anche il campione della “menzogna della calcolatrice”. Nel 2016, i suoi giornalisti quadruplicano la partecipazione a una manifestazione sostenuta da ONG americane, mentre il numero di manifestanti anti-NATO è diviso per trenta (sic). Durante le elezioni presidenziali serbe del 2017, la televisione è diventata l’ufficio di comunicazione di alcuni candidati, censurando gli altri.
Il Guerriero della Percezione
Il metodo antidemocratico usato dal fondo KKR a beneficio della sua “CNN balcanica” sarà spiegato da Petraeus in termini di “sviluppo dei valori democratici”. È l’unica volta che il boss di N1 si spiega su N1, e lo fa esclusivamente davanti ai giornalisti di N1, senza batter ciglio, ne sottolinea l’obiettività e l’indipendenza.
Anche se le sue dichiarazioni sono agli antipodi della realtà, vi ritroviamo lo specialista delle guerre di percezione.
“Praticamente nulla è più importante negli affari internazionali delle rappresentazioni e delle percezioni storiche che gli uomini si fanno”. Questa citazione apre la prima relazione accademica di Petraeus nel 1986, così come la sua tesi di dottorato, ottenuto l’anno successivo a Princeton. Da allora, lo scienziato militare si è battuto per un riorientamento dell’esercito statunitense. La priorità dovrebbe passare dalla guerra convenzionale alla contro-insurrezione (counterinsurgency o COIN nel testo originale), sotto il motto “conquistare cuori e menti”. Nel 2006 ha esposto la sua dottrina in un manuale militare di riferimento (FM 3–24 Contro-insurrezione). Iraq e Afghanistan saranno i laboratori dove metterà in pratica le sue teorie assumendo il comando supremo dal 2007 al 2011. Missione compiuta, rimane solo per lui di lasciare l’esercito che ha rivoluzionato dopo una carriera molto ben ponderata. Cadetto di West Point, corteggiò la figlia del sovrintendente, il che gli valse la beffa dei suoi compagni e la mano della damigella. Poi progredisce all’ombra dei comandanti Galvin, Vuono e Shelton. Prima dello scandalo sessuale del 2012, fu il favorito dai media, che gli dedicarono articoli di elogio (detti “blowjobs” nel gergo giornalistico americano). Il suo fascino incontra solo pochi detrattori, come l’ammiraglio Fallon, che si dice lo abbia definito un “piccolo leccaculo”.
Conquistare cuori e menti
Corrispondente di Marcel Bigeard e lettore appassionato dei “Centurions” di Jean Larteguy, Petraeus ammette prontamente le sue influenze francesi, in particolare quelle del teorico David Galula. Ciò non impedisce ad un compagno d’armi francese, il generale Maurice Druart, di denunciare il suo motto “conquistare cuori e menti” come “un approccio da merchandising oppressivo sulla popolazione” (vedere l’eccellente studio dell’esercito francese Gagner les cœurs et les esprits, CDEF, 2010, p. 57).
Il vero significato di questa espressione è definito in FM 3–24 come segue: “Cuori” significa persuadere le persone che il loro interesse è servito dal successo della contro-insurrezione. “Spiriti” significa convincere la popolazione che la forza può proteggerla e che la resistenza è inutile. Va notato che la simpatia della popolazione per le truppe di occupazione non è importante. Ciò che conta non è l’emozione, ma il calcolo degli interessi. Il capitolo “I media e la battaglia delle percezioni” offre precetti quasi orwelliani: “Scegli con cura le parole… Ad esempio, la forza di contro-insurrezione è un liberatore o un occupante?”
Esperto in questo tipo di doppio linguaggio, Petraeus continua a parlare di una “vittoria” in Iraq quando l’intervento è un disastro innegabile : la regione è nel caos, le ragioni iniziali dell’impegno si sono rivelate false e gli obiettivi dichiarati non sono stati raggiunti. Infatti, il modello di contro-insurrezione di Petraeus combina grande manipolazione e violenza: guerra civile, attacchi aerei, incursioni notturne, droni, torture. Questa realtà difficilmente emerge nei media, che sembrano obbedire anch’essi al manuale di Petraeus (capitolo “Exploiting a single narrative”).
Il 1986 fu un anno cruciale per Petraeus: il teorico della contro-insurrezione divenne membro del Council on Foreign Relations e conobbe James Steele, un veterano del programma Phoenix in Vietnam. In diretta contatto con Petraeus, Steele addestrerà gli squadroni della morte e i centri di tortura in Iraq.
Spie e manipolazioni sul web
Nel 2010 Petraeus recluta il primo esercito di troll su internet (L’operazione di spionaggio americana utilizza i social media, Guardian, 2011). Il suo centro di comando CENTCOM lancia una gara d’appalto per un software di gestione dell’identità online che permetterebbe a 50 utenti di utilizzare 500 false identità diverse “senza timore di essere scoperti da sofisticati avversari”.
Qualche anno dopo, secondo molti giornalisti, la Russia utilizza metodi identici, ma l’esempio fondante americano è regolarmente omesso. Per esempio un articolo dell’Obs-Rue89 elenca cinque paesi interessati da queste pratiche, omettendo gli Stati Uniti dall’elenco.
Il militare Petraeus sa molto bene che la tecnologia dell’informazione è essenziale per le operazioni di intelligence. Capo della CIA, avverte: “Sarete spiati attraverso la vostra lavastoviglie” (Wired, 2012). Come magnate dei media, rimane più bellicoso che mai: “Il cyberspazio è un campo di guerra completamente nuovo” (BBC, 2017). Soprattutto, si batte per un controllo sempre maggiore di Internet.
A questo proposito, il fondo KKR controlla un gran numero di società Internet, tra cui Optiv (sicurezza informatica), GoDaddy (hosting), First Data (denaro digitale) e, naturalmente, i fornitori di servizi Internet di United Group.
La massiccia sorveglianza di Internet da parte dei servizi segreti angloamericani, rivelata da Edward Snowden, è in pieno svolgimento mentre Petraeus guida la CIA. Ci sono progetti come PRISM, che permette l’accesso diretto ai server dei giganti Google, Facebook, Apple, Microsoft e i piani Muscular e Tempora che infiltrano direttamente i cavi in fibra ottica.
Nei Balcani, gran parte del traffico Internet passa attraverso servizi acquistati da Petraeus. Uno studio serbo sulle “infrastrutture invisibili” ha stabilito che tutto il traffico porta a un unico punto: “Se si desidera esaminare, filtrare o mantenere tutto il traffico nazionale che passa attraverso la rete internet SBB, è possibile utilizzare solo questo punto”. In effetti, questo punto è in possesso del KKR.
Perché infiltrarsi in una rete, se la si può possedere?
Denaro pubblico e denaro privato
Le guerre di Petraeus rappresentano un costo considerevole non solo in termini di vite umane, ma anche per i contribuenti. Questi costi non sono più stimati in miliardi, ma in bilioni di dollari, cifre mai viste prima. Importi senza precedenti finiscono anche nelle mani di società private (Gli appaltatori privati guadagnano 138 miliardi di dollari grazie alla guerra in Iraq, Financial Times, 2013) per servizi civili (Halliburton-KBR) ma anche militari (Blackwater) o di intelligence (Bell Pottinger). La guerra è stata privatizzata, come previsto dal capitolo “Multinazionali e subappalti” del manuale di Petraeus.
Come comandante in capo, Petraeus disponeva già di ingenti fondi e si occupava direttamente di società private. Ma chi comanda veramente quando la più grande forza militare si indebita per pagare le sue guerre: il comandante o il finanziere?
Conclusione: dall’esercito alla finanza, una promozione
Petraeus ha costruito la sua carriera corteggiando il potere. La sua transizione dai vertici dell’esercito e dell’intelligence ai vertici finanziari è solitamente vista come una sorta di pensionamento o di dimissioni. Dovremmo invece piuttosto considerarla una promozione.
La carriera di David Howell Petraeus segue la stessa linea ascendente e lo stesso filo conduttore: la manipolazione delle percezioni. Il suo caso illustra un cambiamento radicale nel mondo dell’informazione. Prima di lui, nessuno poteva immaginare un ex capo dell’intelligence alla guida dei media di un paese che aveva aiutato a distruggere. Questo Generale di un esercito nemico, capo dei servizi segreti e specialista della propaganda, prende il possesso dei media della nazione attaccata, con il pretesto di garantire un’informazione obiettiva, un vero e proprio controsenso . Ma nulla scuote i cuori e le menti già conquistati.
Crédit photo : Darren Livingston via Wikimedia (cc)